La cappella funeraria di Maia fu scoperta nella necropoli di Deir el-Medina nel 1906, dalla missione archeologica di Ernesto Schiaparelli, ad alcuni metri dalla tomba di Kha. Oltre all’eccezionale spettacolo offerto dalle sue pitture, la cappella offre un’interessante opportunità per analizzare dal punto di vista tecnico la pittura murale egizia. Le pareti della cappella sono realizzate in mattoni di fango fresco e paglia, successivamente coperte da intonaco. La pittura a tempera è applicata a secco e i colori sono ottenuti da prodotti minerali e vegetali (ocra per il rosso e il giallo, carbone per il nero, carbonato di calcio per il bianco, malachite per il blu e il verde), mescolati con acqua e un legante, la gomma d’acacia. I dipinti di questa cappella, eccezionalmente conservati (anche se solo parzialmente) sono stati raccolti e trasportati in Italia con grande prodezza dal restauratore Fabrizio Lucarini nel 1906. Egli riuscì a distaccare l’intonaco dipinto che copriva le pareti e la volta, usando la tecnica dello “strappo”, che prevede l’incollaggio di tele sulla superficie dipinta per mantenerla insieme durante la rimozione. Si usavano poi dei solventi per distaccare le tele dalla pittura. Questo procedimento, anche se esige grande abilità, permette di non sezionare l’intonaco e di preservare al massimo il dipinto.